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MASSONERIA NON È NUOVO ORDINE MONDIALE E GRANDE RESET, MA LIBERTÀ DI PENSIERO.

Di Silvano Danesi

Fin dalle origini non si può parlare di Massoneria, ma di massonerie.

Ogni cantiere medievale era una comunità di massoni, diverso e distinto da ogni altro cantiere e rivendicante la propria libertà.

I massoni, i freemasons, non a caso si definivano liberi di pensare e di esercitare il loro mestiere, realizzando opere che avevano come riferimento ideale l’orizzonte teologico cristiano e le conoscenze esoteriche conservate nei secoli e risalenti alla tradizione portato di sapienze antiche.

Anche se in contatto tra loro, le massonerie medievali hanno sempre mantenuto la loro indipendenza e la loro libertà di pensiero e di iniziativa e hanno conservato memoria di una linea tradizionale che ho tentato di ricostruire nel mio libro: “Le radici scozzesi della Massoneria”.

Di Massoneria moderna si parla nel XVII secolo, quando accanto ai massoni costruttori di cattedrali, nella zona franca dei cantieri e delle logge, si radunarono intellettuali portatori di linea di pensiero non ortodosse in un periodo di guerre di religione cruente.

Nasce in quel periodo una nuova relazione tra le conoscenze antiche, proprie della tradizione massoniche e linee di pensiero che avevano percorso i secoli del Medioevo più o meno carsicamente.

La persona che rappresenta l’incontro, sia simbolicamente, sia nella realtà dei fatti, è Elias Ashmole. 

Elias Ashmole è, anzitutto, l’anello di congiunzione tra la tradizione massonica e quella druidica, che ha, come ho cercato di dimostrare nel mio libro “Le radici scozzesi della Massoneria”, nella terra di Scozia il luogo fondamentale di connessione.

L’anello di congiunzione nel XVII secolo è John Aubrey, autore del “Temple Druidum”, che è massone e, al tempo stesso, capo del “boschetto druidico” Mount Haemus di Oxford. Questo boschetto, del quale è segnalata l’esistenza sin dal 1245 e che aveva continuato ad esistere nella clandestinità, era stato restaurato con lo stesso nome e annoverava tra i suoi membri Elias Ashmole (1617-1692), umanista, membro della Royal Society, iniziato alla Massoneria il 16 ottobre 1646, autore del Theatrum chemicum britannicum e redattore dei rituali massonici secenteschi, ancora attualmente in uso.

“Elias Ashmole – scrive Michel Raoult – è considerato, nella tradizione druidica del Druid Order, come colui che ha trasmesso ai primi massoni speculativi l’iniziazione corrispondente alle tre funzioni tradizionali del druidismo, quella di ovate, di bardo e di druida, le quali sarebbero in seguito state raggruppate in un solo grado che non sarebbe altro che il Royal Arch della Massoneria, con, per occultare i fatti, sia chiaro, una leggenda biblica sovrapposta al grado, senza alcun rapporto con alcuna tradizione druidica che sia”. [i]

Elias Ashmole, pertanto, è ritenuto, in ambito neo-druidico, colui che ha trasferito alla Massoneria i tre gradi di iniziazione druidica, cosicché la Massoneria sarebbe un’erede del druidismo.

Ashmole è anche un Rosacroce e i Rosacroce, come scrive Alberto Cesare Ambesi, sono eredi della cultura umanistica delle accademie italiane e dei Fedeli d’Amore, i quali a loro volta sono in gran parte eredi dei trovatori accasatisi alla corte di Federico II di Svevia e nella sua Magna Curia.

Come ho scritto nel mio: “I Fedeli d’Amore alla corte di Artù”, la linea di pensiero dei Fedeli d’Amore ha dei riferimenti essenziali in Federico II di Svevia e nella sua “Magna Curia”, nella Provenza e nell’Aquitania dei trovatori (eredi della cultura basca), nei Minnesanger, in Severino Boezio, nella poesia dei mistici arabi e nella Champagne di Chrétien de Troyes, che ripropone, con la “Materia di Bretagna”, l’antica cultura druidica.

Antichi fiumi sotterranei paiono confluire in Elias Ashmole, il quale è anche fondatore della Royal Society ed è un “antiquario”, ossia uno studioso di cose antiche. Carlo II Stuart, appena insediato sul trono, lo nomina Araldo di Windsor. Fu Ashmole a iniziare la riabilitazione dei Templari.

Ashmole, soprattutto, fu un fedele stuardista, ossia un fedele alla dinastia che era custode del nesso tra tradizione druidica e tradizione massonica.

Ashmole, pertanto, recupera una catena iniziatica ininterrotta e la arricchisce con il contributo di linee iniziatiche che, sia pure attraverso mille difficoltà, sono giunte nel XVII secolo all’appuntamento con la storia.

Attraverso la cultura di Ashmole ritorna l’attenzione sulla medicina, nella sua accezione antica, grazie ai contributi paracelsiani e, grazie alla leggenda di Hiram-Osiride, ritorna, nascosto sotto i veli del “Tempio di Salomone”, quel “Tempio dell’Uomo” egizio, del quale ho scritto nel mio: “I Massoni nella Casa della Vita”, e che rappresenta una delle più importanti radici dell’autentica Tradizione massonica.

Dopo che nel 1717 la dinastia degli Hannover, mandati in esilio gli Stuart, aveva creato le condizioni della fondazione della Gran Loggia di Londra, per portare la Massoneria sotto la sua tutela, nacque, nel 1751, una Gran Loggia con il nome di The Most Honorauble Society of Free and Accepted Masons, according to the Old Insitutions, che poi mutò in Grand Lodge of free Accepted Masons of the Old Institutions, abbreviato in Gran Lodge of Antient.

La Gran Loggia degli Antient era retta da Costituzioni di impostazione giudaico cristiana, scritte da Laurence Dermott (1720-1791) e pubblicate sotto il titolo di Ahiman Rezon

Gli Antient erano sostanzialmente artigiani e commercianti e si rifacevano più da vicino alle regole delle corporazioni di mestiere.

Laurence Dermott, mercante, irlandese di nascita, era entrato in Massoneria nel 1741. Dotato di cultura classica e conoscitore dell’ebraico, aveva dedicato la vita alla Massoneria e a una sua codificazione essenzialmente coerente. Divenne Master of Lodge a Dublino nel 1746 ed entrò nel Rito dell’Arco Reale. Trasferitosi a Londra nel 1748, sposò Elisabeth, dalla quale non ebbe figli. Entrò nella First Grand Lodge dei Moderns che lasciò nel 1751, quando fu fondata la Gran Loggia degli Antient, della quale divenne Gran Segretario. Nel 1771 Dermott divenne Deputy Grand Master della Grand Lodge of Antient e nel 1756 pubblicò il corpus costituzionale sotto il titolo di Ahiman Rezon, analogo delle Costituzioni di Anderson.

La prima menzione del sacro Arco Reale proviene da Youghal in Irlanda nel 1743; la seconda, invece, proviene da York nel 1744. Gli Antient, sebbene non avessero a York nulla in comune con la Gran Loggia di tutta l’Inghilterra di York, persistevano nel chiamarsi massoni di York, pretendendo un potere sovrano sulla tradizione di York.

Una Logium Fabricae si trova citata nella Fabric Roll della cattedrale di York nel 1352 e la Loggia di York si autoproclamò Gran Loggia di tutta l’Inghilterra nel 1725, otto anni dopo la fondazione della Gran Loggia di Londra e pochi mesi dopo la formazione della Gran loggia d’Irlanda. La Gran Loggia di York ha lavorato fino alla fine del XVIII secolo e poi è stata assorbita dalla Gran Loggia d’Inghilterra, che solo nel 1813 diverrà Gran Loggia Unita d’Inghilterra, con l’unione dei Modern con gli Antient. 

La frattura determinatasi nel 1717 con l’allontanamento della linea regale scozzese e la sua sostituzione con quella tedesca degli Hannover, fu anche all’origine di una interruzione della linea iniziatica e di un confronto tra cattolici stuardisti e protestanti hannoveriani.

La frattura e l’interruzione della linea iniziatica ha avuto effetti disastrosi, soprattutto nel continente, con la nascita di varie massonerie e di riti che hanno frantumato ulteriormente un mondo, consegnandolo a intromissioni estranee e che hanno condizionato il mondo massonico nei secoli XVII, XIX e XX.

Ne ho scritto nel mio “La Massoneria del ‘700, nido invaso dai cuculi”.

Dopo quanto è avvenuto nel XVIII secolo, parlare di Massoneria non ha alcun senso, non tanto e non solo per quanto già detto riguardo alla indipendenza e alla libertà delle massonerie medievali, ma per il fatto che vari interventi estranei alla tradizione massonica, a cominciare da quelli dei Gesuiti, hanno dato vita ad una molteplicità di Ordini e di Riti tra di loro spesso in disaccordo, quando non in contrasto, a tal punto da rendere impossibile anche solo di poter avanzare l’idea che possa esistere nel mondo una Massoneria unica.

Un esempio a noi vicino riguarda la Massoneria italiana.

La Massoneria si impegnò, durante il periodo della costruzione dell’unità del Paese, nella nascita delle prime organizzazioni del movimento operaio, quindi delle origini del sindacalismo laico e delle società di muto soccorso.

Vorrei ricordare che massone fu l’anarchico Michele Bakunin, presente in Italia tra il 1865 e il 1867. Massone fu Osvaldo Gnocchi Viani, fondatore nel 1891 della prima Camera del lavoro, a Milano che, con il massone Enrico Bignami, editore a Lodi de “La Plebe”, era in corrispondenza con Engels e introdusse in Italia il pensiero marxista. Massoni furono Arturo Labriola e Andrea Costa, il primo socialista ad entrare nel Parlamento italiano. Massone fu il filosofo Antonio Labriola, che fece conoscere con le sue opere il marxismo in Italia. Massone fu il socialista Leonida Bissolati. Anche molte società di mutuo soccorso furono fondate dall’opera di massoni. Nella provincia di Brescia, furono massoni come Giuseppe Zanardelli e Gabriele Rosa a fondare molte delle società operaie e di mutuo soccorso. Così accadde anche in altre provincie d’Italia.

Per quanto riguarda il sindacalismo fascista, ad esempio, in gran parte diretto da uomini provenienti dalle file della sinistra sindacale dell’Usi, dalla Uil e dal sindacalismo soreliano e interventista, l’apporto dei massoni fu importante, a cominciare da quello di Edmondo Rossoni e di Dino Grandi, affiliato a Piazza del Gesù. Il 24 e 25 gennaio 1922 venne costituita la Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali e Edmondo Rossoni, ex sindacalista rivoluzionario e massone, proveniente dalle file della Uil, ne divenne il segretario. Il primo congresso del neonato sindacato fascista si tenne a Milano al principio di giugno del 1922.

La progettualità massonica ha avuto, del resto, una grande influenza nell’affermazione della libertà. Valga per tutti l’esempio del bresciano Giuseppe Zanardelli, che ha tolto la pena di morte e ha garantito la libertà di riunione e di sciopero.

Gli studiosi di economia sono inoltre concordi nel ritenere che la crisi, che aveva colpito il Paese a partire dal 1882, produsse effetti positivi con l’intervento di massoni nella costruzione dell’apparato industriale del Paese.

Qualche anno dopo, mentre le banche di Torino, Roma e Genova subivano gravi collassi, Milano divenne il centro finanziario più importante della nazione, perché vi si costituirono, con l’apporto di capitali tedeschi, la Banca Commerciale ed Il Credito Italiano.

Il dissesto bancario italiano aveva origini antiche. La Destra aveva istituito nel 1886 il costo forzoso della lira, ovvero l’obbligo per i cittadini di accettare le banconote prive di copertura aurea, cioè non convertibili. Il costo forzoso aveva allontanato dall’Italia i capitali stranieri che tornarono nel 1883, con il ritorno alla convertibilità della lira. Ne derivò una spinta all’espansione industriale ed edilizia, quest’ultima particolarmente accentuata a Roma, che costruiva la sua nuova dimensione di capitale del Regno. Il finanziamento delle imprese, in particolare di quelle edilizie, comportò una forte esposizione delle banche e in particolare un’esplosione delle sofferenze. Nel 1893-1894 si ebbero quindi i crolli del Credito Mobiliare e della Banca Generale, che furono messe in liquidazione. La Banca Romana, insolvente, nel tentativo di evitare il crollo, ricorse, con la copertura di molti uomini politici, alla frode, stampando più banconote con lo stesso numero di serie. Inoltre, ad aggravare la situazione dell’istituto di credito, vennero a galla gli intrecci tra affari e politica e lo scandalo della Banca Romana travolse il mondo politico e giunse fino a lambire il colle del Quirinale, residenza del Re.

Si pose quindi la questione della rifondazione del sistema bancario italiano, con la costituzione della Banca d’Italia, nel 1893, e con l’introduzione della banca mista di tipo tedesco, banca universale, capace di partecipare al capitale delle imprese e di convogliare il risparmio nei grandi progetti del decollo industriale.

All’impresa collaborarono capitali tedeschi e svizzeri, richiamati in Italia dal mutamento delle alleanze in politica estera e dall’azione mediatrice della Massoneria, che attraverso i garanti d’amicizia e l’opera del massone ebreo tedesco Otto Joel, convinse i Fratelli d’oltralpe a stabilirsi in Italia con solidi punti d’appoggio finanziari, ai quali seguirono negli anni anche quelli industriali.

Il decollo fu in gran parte il frutto dell’insediamento a Milano, nel Palazzo Brambilla, della Banca Commerciale Italiana, fondata nel capoluogo lombardo il 10 ottobre 1894 da un consorzio comprendente capitali finanziari tedeschi e svizzeri. A presiedere la neonata banca d’affari fu chiamato il conte Alfonso Severino Vimercati, uomo dell’entourage crispino e già dirigente della Banca Popolare di Milano.

La Banca Commerciale, alla quale si affiancherà nel 1895 il Credito Italiano (banca sorella e concorrente), fu condotta da Otto Joel e da Federico Weil, altro tedesco di origine ebraica. Nel 1891 Joel chiamò in Italia Giuseppe Toepliz, borghese di origine ebraica, nato a Varsavia, un uomo che avrà gran parte nello sviluppo del nord industriale italiano negli anni a venire. A Toepliz succederà negli anni Trenta del Novecento Raffaele Mattioli, banchiere mecenate e fine intellettuale, protagonista della creazione di Mediobanca, poi diretta dal Fratello Enrico Cuccia.

Motore dello sviluppo, le due banche favorirono il decollo della Terni, dell’Ilva, dell’Edison, delle Acciaierie Falck, della Breda, della Fiat.

Nel contempo si venne formando nella regione una categoria di imprenditori moderni, sensibili ai progressi scientifici e tecnologici, proiettati verso una visione più dinamica dei rapporti di produzione. Sapere chi fossero gli industriali iscritti alla Massoneria, a questo punto, diventa pleonastico. Fu massone, ad esempio Luigi Orlando. Il dato essenziale è che la Massoneria italiana, anche in questo frangente, si impegnò per il decollo del giovane Stato unitario.

Del resto, e per concludere, anche il fatto che ogni Massoneria si dichiari universale non significa che sia mondiale. Universale è termine che deriva dal latino Uni-versus con il suffisso alem, che indica appartenenza. La Massoneria si dichiara appartenente all’Uni-versum, ossia appartiene a quel movimento iniziatico tradizionale e ancestrale che va verso l’Uno, il Tutto, il Grande Architetto dell’Universo, quell’Archè che è il Fondamento del quale il Lógos è l’azione.

E qui si arriva al cuore del vero percorso massonico, che non è mondialista e nemmeno globalista, ma che guarda al Tutto, al Fondamento, ossia all’essenza spirituale di ogni realtà.


[i] Michel Raoult, Les Druides – Les sociétés initiatiques celtiques contemporaines – Ed. du Rocher

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