L’ITALIA CAVIA DELLA POLITICA DI DAVOS DEL GRANDE RESET
Di Silvano Danesi
La soluzione, e Monti lo dice con chiarezza, è farla finita con la politica dei ristori.
Ecco il passaggio dell’articolo di Mario Monti: “Diviene perciò importante porsi con urgenza il problema di quanto abbia senso continuare a «ristorare» con debito, cioè a spese degli italiani di domani, le perdite subite a causa del lockdown, quando per molte attività sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristrutturazione o la chiusura, con il necessario accompagnamento sociale, per destinare le risorse ad attività che si svilupperanno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani“.
Quanto afferma Mario Monti è perfettamente in linea con quanto hanno in testa i promotori del World Economic Forum, ossia gli uomini di Davos, i quali si riuniranno dal 25 al 29 gennaio. In preparazione dell’incontro, il World Economic Forum ha pubblicato le linee sulle quali si svolgerà la discussione.
Nel sito https://www.strategieeconomiche.com/ è pubblicata un’ampia sintesi dei punti principali del documento “Resetting the Future of Work Agenda: Disruption and Renewal in a Post-COVID World” nel quale sono tracciate le linee per il dopo Covid-19.
Le cifre salienti di questo documento riguardanti la ristrutturazione del Lavoro permettono di farsi un’idea piuttosto chiara degli obiettivi che si pone il “Grande Reset”.
Eccole:
– Digitalizzare almeno l’84% dei processi lavorativi (esempi di “processi lavorativi”: spedizioni, assistenza ai clienti, progettazione di prodotti e servizi, gestione dei fornitori e delle filiere, ecc.).
– Delocalizzare in remoto almeno l’83% della forza lavoro.
– Automatizzare almeno il 50% delle attività attualmente effettuate da esseri umani.
– Digitalizzare almeno il 42% dei programmi di aggiornamento professionale (in sostanza: sostenere le società che effettuano la formazione online a discapito di quelle che la effettuano in presenza).
– Riqualificare almeno il 35% delle attuali competenze professionali (vuol dire che il 35% delle professioni attuali saranno obsolete e dovranno essere riformate).
– Riformare almeno il 34% delle strutture organizzative (il termine “struttura organizzativa” coincide piu’ o meno con quello che noi chiamiamo “organigramma”).
– Ricollocare almeno il 30% dell’attuale forza lavoro su altre occupazioni che prevedono salari differenti da quelli precedenti.
– Ridurre temporaneamente la forza lavoro di almeno il 28%.
– Ridurre permanentemente la forza lavoro di almeno il 13%.
“Le misure restrittive adottate dai governi per fronteggiare la pandemia – scrive Strategie economiche – sono e saranno causa di una catena di fallimenti proprio nei settori considerati “obsoleti” dall’ideologia del “Grande Reset” e quindi permetteranno di accelerare la riconversione del mondo del lavoro secondo i nuovi principi “rivoluzionari” concepiti da questa élite”.
“Il discorso di Mario Draghi al G30 – continua Strategie economiche – è stato chiaro in proposito e non ha lasciato dubbi sul fatto che, nonostante le promesse del “Recovery Fund” (detto anche “Next Generation Fund”), la distruzione delle medie e piccole imprese è ormai inarrestabile e diventerà molto più evidente quando scadranno i termini degli aiuti di emergenza adottati dai governi europei […]. Il WEF è un laboratorio di idee composto da esponenti delle multinazionali e delle agenzie sovranazionali a cui sta a cuore la standardizzazione dei processi produttivi, del mondo del lavoro, delle politiche sociali, delle valute e dei dati personali, in modo da accelerare la supremazia di questa élite rispetto al mondo dell’economia reale e della politica di prossimità”.
Il G30 al contrario è un organo composto principalmente da banchieri, a cui sta molto più a cuore la stabilità del “qui e ora” economico e finanziario, come ad esempio la tenuta delle valute e dei bilanci delle banche, l’equilibrio tra debito e PIL dei singoli stati e il sostegno alle politiche di indebitamento.
Perché Monti fa le affermazioni che ha fatto riguardo alle attività da chiudere? Perché, sostiene Strategie economiche, “il caso ha voluto che l’Italia fosse il primo laboratorio sul campo dove per la prima volta verranno applicati molti dei principi del WEF in programmi attuativi concreti portati avanti da un governo nazionale”.
Il “Recovery Fund” o “Next Generation Italy”, che dir si voglia, è il primo esperimento in cui un governo pianificherà per davvero una rivoluzione in stile WEF in molti campi strutturali del paese.
Draghi, che non a caso viene esorcizzato da chi continua pervicacemente a mantenere a galla a tutti i costi il Conte bis, ha già detto cosa pensa del “Recovery Fund” o “Next Generation Italy”: «Quel che bisogna valutare è se un progetto è utile o no. Se supera certi test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale, oppure è semplicemente il frutto di una convenienza politica e di clientelismo».
La risposta che ha dato in un anno di governo, si fa per dire, il Conte bis è la seconda: interventi a pioggia, clientelismo, politiche della convenienza. Nel frattempo 300 mila imprese già morte, cassa integrazione a non finire, commercio e turismo moribondi e reddito di cittadinanza, bonus, banchi a rotelle e monopattini. Un disastro che non è solo frutto di incapacità.