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STORIA DI DEVASTAZIONE DELLA CASA BIANCA A BENEFICIO DEI SEPOLCRI IMBIANCATI

STORIA DI DEVASTAZIONE DELLA CASA BIANCA A BENEFICIO DEI SEPOLCRI IMBIANCATI

Di Silvano Danesi

La parabola evangelica dovrebbe servire da guida ai bugiardi (immediatamente sbugiardabili), della psy op da strapaese che contraddistingue l’ormai miseria comunicativa dei media main stream e dei loro seguaci.

«Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.» ((Mt 7,1-5 (CEI)).

Detto in termini meno eleganti: se hai la rogna, non guardare alle croste degli altri, ma cura la tua e non ragliare inutilmente.

Il baillame sul fatto che Trump abbia contestato l’elezione di Jeo Biden ha un illustre precedente nelle presidenziali del 2000, decise sul filo di lana e sulla base di una manciata di voti dello Stato della Florida, accumulando tra conteggi e ri-conteggi un ritardo di 36 giorni. I Democratici erano perfettamente convinti di surclassare il candidato repubblicano, George W. Bush, così come Bill Clinton aveva fatto con Bush padre alle presidenziali del novembre 1992.

Al figlio George W Bush si opponeva Al Gore, al quale fu concessa la vittoria inizialmente fatta da Gore a George W Bush e poi rimangiata quando i vari ri-conteggi parevano tendere a limare il vantaggio del candidato repubblicano. Finalmente, dopo cinque settimane, la Corte Suprema decise che aveva vinto Bush figlio, il quale fu riconosciuto Presidente per uno scarto di poche centinaia di voti.

Al momento del passaggio delle consegne alla Casa Bianca da parte del vecchio inquilino (Bill Clinton) al nuovo inquilino (George W. Bush) il team di Clinton — composto da grandi sostenitori di Gore, che era stato il vice del loro presidente — pensò di dare a Bush un  benvenuto speciale.

Quando i “nuovi” si presentarono, trovarono scritte oscene sui muri, le etichette con i numeri sistematicamente tolte dai telefoni e le tastiere di un centinaio di computer a cui era stata rimossa la lettera “W” che sarebbe servita per scrivere il nome di George “W” Bush.

Secondo una relazione riguardo ai danni fatta in seguito dal GAO-General Accounting Office — una sorta di revisore interno del Governo federale americano — scomparirono una manciata di stemmi presidenziali e perfino i pomelli di parecchie porte. In altri casi, chiavi furono inserite nelle serrature degli armadi blindati e poi spezzate, di modo che non si potessero aprire, come anche cassetti di scrivanie chiusi con la colla. Quello che il GAO non diceva — almeno per iscritto — era che in alcuni uffici qualcuno aveva perfino defecato negli angoli o orinato sui muri. Sono episodi conteggiati nella relazione ufficiale sotto la voce “cattivi odori”, come anche quelli rilasciati dai bidoni di spazzatura riversati nei corridoi.

All’epoca di George W, la leadership democratica parlò di “pranks”, di innocui scherzi studenteschi, per spiegare l’accaduto. Era comunque il pensiero che contava.

Lo sgarbo di Donald Trump è stato di tutt’altro significato. In buona sostanza il vecchio presidente ha detto, anche con il gesto di non essere lui a ricevere il nuovo, che non lo riconosce. Tuttavia Donald Trump gli ha fatto presentare la casa, in ordine, dal maggiordomo, maior domus, ossia da colui che è predisposto a tenere in ordine la casa: il maggiore dei servitori.

Ora Biden cambierà le tende e i quadri, visto che i colori del predecessore non gli piacciono, ma non ha trovato una casa devastata.

Conclusione, cari seguaci del gossip da psy op. Aprite gli occhi, documentatevi, e poi vergognatevi, perché se avete la rogna non siete legittimati a discutere della croste degli altri.

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